Man Alive! L’uomo vivo di King Krule3 min di lettura

È un po’ azzardata come similitudine considerando i tempi che stiamo vivendo, però non troppo tempo fa tornavo la sera tardi, facevo finta di essere tornato già da un po’ stanziandomi in cucina e poi mi bloccavo in camera a fissare il soffitto. La mia mente era vuota, ma completamente piena di vuoto. Bene, se mi seguite ancora, concentratevi su quel caos mentale notturno ed estivo, pensate come potrebbe suonare, magari come un fischio all’orecchio o forse come Revolution 9 dei Beatles, per me suona come Man Alive! di King Krule.

L’ultimo Album del londinese Archy Marshall, pubblicato poco prima della quarantena di marzo, è un agglomerato di chitarre acide e jazzy, atmosfere post-punk, ritmi trip-hop e sassofoni che accompagnano senza meta e con il mare in tempesta, la voce scura e violacea di Archy.

Ciò che esalta questo artista è, prima di tutto, una personalità musicale estremamente consolidata, ma sopratutto un mondo creativo vastissimo, dove la voluta mancanza di mezzi (perché specifichiamo che l’intero album è stato registrato in casa), porta i limiti a diventare mezzi dell’atto creativo diventando non più vincoli ma possibilità, come un bambino che gioca con i Lego e finisce per costruire un castello.

L’album è introdotto da “Cellular“, una canzone che viaggia tra la sottile linea dell’acido e del dolce, è un flusso di coscienza dove le visioni statiche alla televisione si fondono con i ricordi confusi di una relazione finita.

“giù al piano terra sto perdendo il segnale,

abbiamo perso connessione, l’ho lasciata morire,

stava ancora piangendo,

E ora è sdraiata nella mia testa”

Cellular

I dialoghi confusi e vuoti di un supermercato in “Supermarché” ci portano alle divagazioni tossiche e urlate di “Stoned Again“. “The Dream” è solo un intermezzo onirico che ci porta alla ballata ossessiva di “Perfecto Miserable“, in cui vive una relazione morbosa dove il partner diventa la propria unica ragione di vita.

Perché tu sei il mio tutto, non ho parole

E tu sei l’unica cosa che da valore alla vita

Pensavo di avere tutto, ma non ne valeva la pena

Perfecto Miserable

Ma il meglio ci aspetta alla fine, le atmosfere chill e hip-hop di “underclass” vengono elogiate da un bellissimo testo sulla sua attuale relazione e la nascita del figlio. “Energy Fleets” invece è esattamente l’opposto, ci parla di un futuro prossimo terrificante e finisce con l’ossessiva ripetizione della frase “such a funny life” dove vita (life) e bugia (lie) sono la stessa cosa. L’Album si chiude con “Please Complete Thee“, all’apparenza anche esso colmo delle atmosfere statiche e grigie della prima metà dell’album, ma che le chitarre e i synth luminosi trasportano verso una felicità ritrovata o scoperta.

“Avevo questa sensazione che sarei ritornato,

ma non potevo immaginare sarebbe successo questo.”

Underclass

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